Il giardino dei pavoni bianchi è silenzoso di verde.
Come il
Parco che quieta Villa Magnani. Qui si viene a trovare l’arte come si fa con
gli amici. Ma lui, di piu’, amava la
musica. Luigi Magnani, professore e letterato, il cui nome rimanda alle tele che
affollano le pareti di quella che è stata la sua splendida casa, di più subiva e sognava le
armonie dei capricci musicali.
Originario di Reggio
Emilia, dove era nato nel 1906 da Giuseppe ed Eugenia Rocca, laureatosi a 23
anni in Lettere moderne, scrive d’arte e di scultura, appunta idee per romanzi
autobiografici, tiene conferenze, collabora persino ad alcune voci della
celeberrima Treccani...e intanto compone.
“I canti di Michelangelo” per voce e pianoforte ; “I cori della
Passione”, per voci sole; “La Pavane”; “La passacaglia”; “L’oratorio di
Emmaus”, che verrà eseguito al Teatro Communale di Firenze, il 28 marzo 1943,
durante un concerto sinfonico diretto da Carlo Zecchi, e replicato una sola
volta il 4 aprile a Roma.
Debutto in sordina,
per una passione segreta. e appena d’imbarazzo, come un’amante. A Roma, dove
negli anni ‘50 trascorrerà gran parte del suo tempo, alternerà all’insegnamento
universitario concerti che terrà li
stesso, nel salotto di casa. Anche il
suo amore per la poesia inizia a venarsi di quest’altra passione. Pubblica
saggi come Goethe e Mozart, Prolegomeni e Beethoven, Mallarmè e i miti della
musica, tiene conferenze e cura trasmissioni RAI (Proust e la musica). Di lui
dicono :”Se c’è uno che sarebbe in grado di riuscire a spiegare alla gente
come si possa godere sibariticamente la musica di Hindemith o
Schonberg, questo è proprio di Luigi Magnani”.
Proprio lui, Luigi Magnani, che parla e scrive di
Michelangelo, che collezziona Raffaello
e Morandi, che protegge dai troppi sguardi l’oro delicatoe splendido di una
madonna del ‘400 di Pietro di Giovanni
Ambrosi.
Niente di strano, allora, se a 62 anni dcide di partecipare
ad un concorso per la cattedra di storia della musica all’Università di Pavia.
Senza successo. Non è lì che deve cercarlo. Lo avrà, ma con un
libro, nel ‘73: “Il nipote di
Beethoven” pubblicato da Einaudi, che vince il Campiello e da cui viene tratto
un film. E’ l’anno della cittadinanza onoraria
conferitagli dal Comune di Parma. I giorni in cui Mamiano diventa sempre più la sua residenza, la sua casa. Quella
villa di campagna dove giungono onorificenze ed amici, dove raccoglie ed
assomma i suoi gusti e le sue scelte.
L’arte,il verde (nel ‘79 gli viene conferito il premio mondiale per l’ecologia)
...e naturalmente la musica. Come avesse
voluto colmare, con essa, le assenze di uomini
e di suoni dei polverosi schizzi di Morandi. Coome avesse voluto dire
che accanto al Goya e al Durer, a Monet o al Lippi, c’era anche, ed era sua,
quell’algida e provocatoria Tersicore del Canova. Che, insomma, anche questa Musa ha lasciato.
La Fondazione Magnani Rocca è oggi un Museo attivo e conosciuto. prestigioso e discreto nelle iniziative, elegante
nelle scelte e nei particolari, è
frequentato con costante regolarità da visitatori italiani e stranieri. Numerosissimi a tratti,
per le Mostre di grande richiamo: di grandi artisti o di grandi collezioni,
perchè questi sono i due motivi conduttori delle iniziative. In ideale continuità
con ciò che Magnani aveva iniziato. Come si farebbe per un amico. Perchè qui si
viene a trovare l’arte come si fa con gli amici: a casa del professore. Anche
se lui avrebbe preferito si dicesse “a casa del maestro”.
(FONDAZIONE MAGNANI ROCCA via Fondazione Magnani Rocca 4 43029 Mamiano di Traversetolo, ParmaTel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337 info@magnanirocca.it )
(FONDAZIONE MAGNANI ROCCA via Fondazione Magnani Rocca 4 43029 Mamiano di Traversetolo, ParmaTel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337 info@magnanirocca.it )
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